Martedì, dopo aver valutato impossibilità di salire le Barre des Ecrins, siamo scesi al Rifugio Ecrins, dove abbiamo incontrato il gestore.
Parlando con lui abbiamo appurato che le condizioni della montagna erano veramente critiche, quasi al limite.
Il suo consiglio era di aspettare almeno una settimana perché si stabilizzasse tutto il versante.
Con la coda tra le gambe, un po’ di amaro in bocca e la certezza di averla scampata, siamo scesi a valle per riflettere sul da farsi.
Il pomeriggio di martedì è una giornata splendida, il sole scalda e pare che il forte vento del mattino si sia calmato.
Tutto questo ci rode…
Le previsioni meteo mettono bello tutta la settimana in questa zona e decidiamo che dobbiamo lasciare del tempo alla montagna per sistemarsi.
Mercoledì passa all’insegna del relax, lettura e cibo.
Giovedì mattina alle ore 3.40 siamo in marcia, direzione Barre des Ecrins.
Il cielo è bellissimo, la luna splende tra le guglie aguzze del Massiccio.
Non c’è vento, la temperatura è ottimale per progredire con un ritmo sostenuto. Saliamo veloci e siamo già alla neve.
Mettiamo scarponi e sci, lasciando nel nostro sacchetto le scarpe da ginnastica, un po di acqua e un panino per il rientro. Nascondiamo tutto dietro un sasso e si riparte.
La neve ha un ottimo rigelo, oggi c’è anche la traccia, conosciamo la salita e voliamo.
In poco raggiungiamo la piana glaciale del Glacier Blanc. Attraversarlo è una cosa infinita, testa bassa e “pedalare”.
Intanto sorge anche il sole e illumina il grandioso versante delle Ecrins.
Alle 6.50 siamo nella valletta dove martedì mattina il crollo di un pezzo di seracco aveva dato origine a una bella valanga.
Guardiamo il mostro di ghiaccio con circospezione mentre velocemente saliamo sul margine dell’intaglio.
La neve è cambiata molto da martedì e le sensazioni che restituisce sotto gli sci sono positive.
Saliamo senza fermarci fin sotto la terminale della Barre, qui il pendio è molto ripido, il grande accumulo è ben visibile, prendiamo le distanze uno con l’altro e percorriamo il margine della terminale cercando di non infastidire troppo il pendio.
Siamo sotto la Brechê Lory, togliamo gli sci per calzare i ramponi. Sono le 9 e puntiamo alla cresta, sfruttando un breve ma ripido muro di neve per raggiungere le rocce.
Siamo sul filo, i passaggi non sono mai difficili, ma comunque dobbiamo pulire per trovare appigli e appoggi.
Siamo contenti che non ci sia il vento perché alcune sezioni sono da equilibrismo puro.
Alle 10 siamo alla croce di vetta a 4102m, il panorama è a dir poco incredibile, un infinita distesa di guglie, cime rocciose e vette innevate ci appagano della salita.
Ci stringiamo la mano e siamo soddisfatti, ora possiamo scendere con il sorriso e tornare in valle, salutare questa meravigliosa montagna e pensare che la rinuncia fa parte del gioco e comunque quando bisogna farlo è per salvaguardare la propria vita.