Dopo le fatiche del Monte Rosa, il meteo è brutto e approfittiamo per riposare un paio di giorni, fare il bucato e sistemare alcune cose.
Meteo Blue e Meteo Swiss propongono per domenica 23 maggio una giornata discreta in zona Dent d’Herens.
L’idea iniziale era quella di salire gli Ecrins, in Francia. Di fatto abbiamo anche il tampone molecolare fresco fresco (venerdì 21) che attesta il nostro perfetto stato di salute… valido per 72 ore, dal momento del tampone stesso.
Sugli Ecrins è brutto, nevica e tira vento, mentre in Valle d’Aosta pare che le condizioni meteo siano favorevoli.
Arriviamo in Valpelline, incantevole e verdeggiante valle che serpeggia tra ripidi pascoli e piccoli abitanti in pietra che sembrano usciti da qualche libro di fiabe.
A pochi chilometri dal nostro parcheggio, la diga di Place Moulin, la strada è chiusa, causa lavori di manutenzione dopo la caduta di alcune frane e valanghe invernali.
È sabato sera, sono le 20.30, io e Nicola ci guardiamo… “Domani è Domenica, non lavoreranno mica!?”.
Entriamo e saliamo gli ultimi chilometri che portano proprio sopra alla gigantesca diga.
Il cielo è un po nuvoloso, l’aria è fredda e il silenzio regna sovrano.
Sistemiamo gli zaini, mangiamo qualcosa e poi a nanna, nel sacco a pelo almeno per qualche ora.
Sono le 2.30 e la sveglia tuona nelle nostre orecchie. Colazione, una lavata ai denti e si parte.
È notte fonda, il cielo è ancora coperto e lo zaino pesa. Il lungo “portage” di sci e scarponi è ormai normale routine.
I 13km che separano il parcheggio dal Rifugio Aosta paiono interminabili, la valle di ingresso è lunga e piana, le macchie di neve sparse qua e la, a causa della copertura nuvolosa, non hanno rigelato e si sfonda.
Finalmente mettiamo gli sci e un po di luce schiarisce la piana morenica che porta fin sotto al rifugio.
Il Rifugio Aosta è una piccola struttura, quasi invisibile in mezzo alle pareti rocciose della Tetè Valpelline. Gli interni in legno sono caldi e accoglienti nonostante sia chiuso.
Ci fermiamo qualche decina minuti, con il fornelletto sciogliamo un po di neve per riempire i thermos. Gli occhi sono stanchi e nell’attesa quasi si chiudono.
Fuori il cielo è tutto nuvoloso, anzi totalmente grigio. Qualche fiocco di neve cade mentre ci accingiamo a risalire il ghiacciaio del Grandes Murailles.
L’ambiente è bello e maestoso. Il sole comincia a farsi avanti e a splendere illuminando i grandi seracchi che portano verso la via normale del Dent D’Herens.
La neve nuova è tanta o meglio tantissima. È tutto bianco e il bastoncino sprofonda oltre al mezzo metro.
Decidiamo di percorrere la Cresta Tiefenmatten per essere un po più tranquilli dal punto di vista valanghe, ma la scelta non è delle più felici.
Le roccie sono coperte di tanta neve fredda e polverosa, a tratti smaltate e verglassate. Ci risiamo: pulisci, cerca, scava e attenzione, tanta attenzione.
I ramponi grattano la roccia alla ricerca di un appoggio sommerso, mentre le mani, coperte dai guanti ormai ghiacciati, cercano di tenere qualche lama sfuggente. Altrimenti avremmo dovuto pensare a qualcosa di diverso.
Siamo sulla lunga e ripida pala nevosa che porta verso la cresta finale. Nicola scalina la tanta neve mentre io annaspo in un disperato malessere. Nausea e spossatezza mi pervadono e solo la caparbietà della conquista della vetta mi spinge a non pensare.
È difficile, il tempo scorre lento mentre il vento e il freddo si portano via quel che resta delle ultime energie.
Tratti di cresta delicati e sospesi nel vuoto ci portano in cima. Difronte a noi la Dent Blanche e il Cervino dominano i ghiacciai.
Quota 4174m, siamo in vetta.
La discesa è da affrontare con molta concentrazione, non si deve sbagliare. Usciti dalla cresta finale decidiamo di scendere diretti lungo la parete Sud.
La neve pare stabile nonostante le pendenze che si aggirano tra i 45 e 50°.
Facciamo veloci e puntiamo ai seracchi sottostanti del ghiacciaio del Grandes Murailles.
Recuperare gli sci lasciati alla base della Cresta Tiefmatten è un operazione faraonica. La neve scaldata dal sole inizia a essere pesante e si sfonda fino a metà gamba.
Alle 15 siamo di ritorno al Rifugio Aosta, recuperato il fornelletto puntiamo la bussola verso valle.
La neve è fradicia e insciabile, ogni movimento che facciamo fa precipitare qualche scaricamento superficiale. Ancora fatica, anche in discesa.
Arriviamo alle scarpe da ginnastica che abbiamo lasciato dietro un masso ai margini del nevaio.
Il fresco torrente che scorre a pochi metri è la nostra oasi di salvezza. Acqua fresca e panino.
Sci sullo zaino e giù verso valle lungo i 10 interminabili chilometri che ci separano dal nostro furgone.
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