Segue da ALPHUBEL – TASCHHORN – DOM – La Cresta Mistica – Parte 1
Al mattino, quando usciamo poco dopo le 2, la luna splende, ma il vento non è cessato e tutt’intorno ci sono nubi.
Iniziamo a salire la via normale del Tasch, che percorre la cresta sud est.
L’aspetto non è dei più confortanti per via di tutti i blocchi di roccia appoggiati uno sopra l’altro che pare crollino da un momento all’altro.
Seguendo gli ometti e facendo molta attenzione ai segni dei ramponi però si riescono a individuare i tratti con la roccia migliore.
La prima parte, quella rocciosa, l’abbiamo scalata velocemente senza ramponi.
Poi è iniziato l’incubo della neve fradicia da attraversare lungo una affilata cresta con grandi cornici.
Valutando sempre con massima attenzione il miglior punto per la progressione, superiamo anche questa parte molto delicata fino ad arrivare alla lunga cresta rocciosa finale che troviamo coperta di neve e verglass.
Il cielo nel frattempo si è chiuso.
La visibilità è calata a poche decine di metri e il vento a tratti forte alza la neve e ce la sbatte in faccia.
La salita al Taschhorn ci sembra non finire mai, quando dalle nubi vedo sbucare la croce di vetta poco davanti a noi 4491m.
Grido: “La Croce!!!”.
Mi sembrava di essere tornato bambino, stupito di essere arrivato in vetta.
In realtà erano passate 3 ore e un quarto e viste le difficili condizioni siamo stati a nostro avviso anche troppo bravi.
Ma ora inizia il bello, la parte meno frequentata e più misteriosa della traversata.
La neve copre tutto, soprattutto le infide placche di roccia che guardano il lato Randa. Scegliere dove e come passare è un lavoro delicato che richiede tempo.
Nulla al caso, passo dopo passo, movimento dopo movimento.
Riusciamo a raggiungere dopo 2 ore e mezza il Domjoch, il colle tra il Taschhorn e il Dom.
Qui un tratto facile e di neve portante (quota 4281m) ci permette di essere più rapidi e progredire più facilmente.
Ma la pacchia dura poco e se era stato complicato arrivare al Domjoch, per salire verso il Dom il gioco si fa duro.
Cerchiamo di tenere il più possibile il filo di cresta dove l’arrampicata è più verticale, ma la roccia ha un aspetto migliore dei ripugnanti fianchi detritici.
Saliamo con passi di arrampicata su roccia e misto, duri e delicati.
Troviamo anche qualche chiodo che ci rincuora confermandoci che forse siamo giusti o che comunque qualcuno ha deciso di passare dove ora stiamo passando noi.
E come per il Taschhorn tra la nebbia compare la croce di vetta ed è una gioia e un sollievo.
4545m e siamo sul Dom!
La Traversata Taschhorn – Dom è stata un insieme di emozioni e adrenalina pura.
Ora però bisogna scendere dalla montagna e il ghiacciaio sul versante nord non è per nulla banale ma lungo ,crepacciato e pieno di neve.
L’errore più grande sarebbe quello di perdere la concentrazione e rilassarsi.
Scendiamo e piano piano la visibilità migliora, davanti a noi si erge la bellissima cresta Nadelgrat e la Lenzspitze.
Il ghiacciaio che stiamo percorrendo è solcato da grandi crepacci, ma per fortuna intravediamo una timida traccia ricoperta dalla neve.
La seguiamo e ci portiamo sul Hobarggletscher, il ghiacciaio che scende tra la Nadelgrat e il Dom.
Scendiamo fino a quota 3700m dove intercettiamo la croce che indica il Festijoch, un passo su una costola di sfasciumi rocciosi, che permette di raggiungere il Festigletscher.
Una volta arrivati sull’altra lingua glaciale il gioco è quasi fatto.
Percorriamo il fianco sinistro del ghiacciaio e arriviamo alla morena finale dove troviamo una traccia di sentiero omettata che conduce al Domhutte, il Rifugio alla base del Dom.
Dalla vetta al paese di Randa sono 3200m di dislivello: le ginocchia piangono, i piedi chiedono aiuto, la pancia brontola ma non è finita.
Da Randa per tornare a Saas Fee c’è un bel transfert fatto con il treno da Randa a Stalden e con il bus da Stalden – Saas Fee.
Arriviamo al furgone verso le 17 con in tasca altri 3 4000 saliti e un altra mitica avventura.
Per fortuna inizia il conto alla rovescia, -24 alla fine.
Il Monte Bianco ci attende.