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OBERGABELHORN e ZINALROTHORN – Solo noi sopra a Zermat

Arrivati al furgone dopo la Dent Blanche, dobbiamo approfittare del tempo bello e stabile.

Il problema è sempre il grande caldo che sappiamo ci farà tribolare, per questo decidiamo di puntare gli occhi e la bussola verso dei 4000 che abbiano almeno una buona porzione di roccia da salire.

Azzardiamo…

Sopra Zermatt ci aspettano l’Obergabelhorn e il Zinalrothorn, meno blasonate delle vicine sorelle maggiori, Cervino, Weisshorn e Dent Blanche, ma non per questo meno belle, anzi conservano quel fascino misterioso dei luoghi meno frequenti dalla massa.

Mangiamo un abbondante piatto di pasta al ragù e, sistemato lo zaino, ci mettiamo alla guida per raggiungere il paese di Tasch.

3 ore di strada tra curve e curvette, sotto il sol leone che fa segnare sul termometro del cruscotto più di 30°C.

L’abbiocco rende il viaggio ancora più penoso e solo al pensiero di doverci incamminare immersi in quel calore ci viene fastidio.

Parcheggiamo il furgone nel lussuoso Terminal di Tasch, da dove obbligatoriamente si prende il trenino rosso per Zermatt.

Una ventina di minuti e siamo nel caotico e super turistico paesino che giace ai piedi del Cervino.

La posizione di Zermat è invidiabile e la montagna più famosa del mondo sembra quasi ergersi da dietro il campanile della chiesa.

Tutto quel lusso, il caos e la gente ci mette quasi a disagio. Il caldo ci infastidisce e cerchiamo di scappare nella gola che risale al rifugio Rothornhutte.

1600m di dislivello infiniti mentre le gambe camminano stanche. Con gli occhi cerchiamo un rifugio che non riusciamo a vedere.

Il paesaggio è meraviglioso, pascoli, ruscelli, lingue di neve, morene e ghiacciai, ma soprattutto tante montagne che ci circondano.

Saliamo con fatica fin sopra una ripida dorsale morenica e finalmente il Rothornhutte ci appare come un miraggio.

Sono le 19.00 e le quasi 3 ore di marcia si fanno sentire. Sotto le roccie, ancora baciata dal sole, una piccola struttura in legno ci riceve accogliente.

Tavolo con panca e un piccolo gas, 12 posti letto, cuscini e coperte, c’è tutto.

Beviamo il solito ottimo brodo post attività, mangiamo qualcosa e ci buttiamo nel letto per qualche ora… in programma sveglia alle 3.00 direzione Obergabelhorn.

Il mattino ha l’oro in bocca, ma alle 3.00 si può avere solo qualche dubbio di girarsi dall’altra per dormire ancora un po.

Ci sforziamo per fare colazione, beviamo il caffè e usciamo nella notte calda per vedere cosa ci aspetta.

La neve sul ghiacciaio non ha un gran rigelo. Una sottile crosta copre un profondo strato di neve fradicia, ogni passo è un tuffo e la progressione su quel terreno è alienante.

Cercando di evitare alla bene meglio l’enorme fascia di crepacci del Triftgletscher, raggiungiamo la prima parte rocciosa che porta alla cupola nevosa del Wellenkuppe.

Scendiamo la comoda cresta nevosa che porta al Gran Gendarme dove una serie di corde fisse agevola non di poco la scalata delle lisce placche granitiche che lo rimontano.

Un altra cresta nevosa porta verso il delicato traverso che arriva alla base dell’ultima pala.

Sotto qualche centimetro di neve c’è ghiaccio, procediamo con attenzione e raggiungiamo la spalla di roccia che porta alla vetta.

La scalata finale è molto piacevole e alcuni passaggi ci ingaggiano non poco.

Siamo in vetta, di fronte a noi c’è il Cervino, poco a fianco il Dent D’Herens e la Dent Blanche. Spettacolo!!!

Decidiamo di scendere dalla cima con una serie di doppie. Il nostro cordino da 40m è perfetto.

Ogni 18m circa c’è uno spuntone attrezzato con cordini e maglia rapida.

Siamo molto veloci e in breve siamo sul traverso che porta al Gran Gendarme.

Il percorso di rientro procede veloce e senza intoppi, e anche il Triftgletscher, scaldato dal sole del mattino, è più camminabile.

Con i piedi zuppi poco dopo le 10 siamo al bivacco, il caldo inizia a farsi sentire prepotente e a noi non resta che riposarci, mangiare, dormire e soprattutto bere un ottima schifosissima acqua di fusione da neve.

La giornata al bivacco scorre veloce, tra un sonnellino e l’altro, una telefonata, qualche lavoretto di pulizia locale ed è già ora di cena (18.30) e di rimettersi a letto per una bella sveglia alle 2.00.

Al nostro risveglio, dopo la colazione ci incamminiamo verso lo Zinalrothorn.

Oggi la neve non ha dato nemmeno un accenno di rigelo. Si sfonda a volte oltre le ginocchia e in qualche punto fino alla pancia.

Proseguiamo con la speranza di raggiungere presto la dorsale rocciosa e che la neve migliori di qualità con la quota.

La dorsale rocciosa ci permette di innalzarci facilmente fino alla cresta nevosa e al canale che conduce al Gabel.

È tutto uno sfondare: sta su, qui no, sfondo, buum!

Mi innervosisco, non riesco a essere sereno in quelle condizioni, ogni passo è un punto di domanda.

Dopo tanta tribolazione raggiungiamo il corno di roccia finale.

Il bel granito dello Zinalrothorn è uno spettacolo da scalare. Un po’ di verglass sulle rocce ci impone di fare molta attenzione e non abbassare la guardia.

Superiamo la Placca Biner e puntiamo verso la cima.

4221m: la croce con il cristo ci da il benvenuto sul nostro 41esimo 4000 salito.

Siamo al giro di boa!!!

In questi 44 giorni di viaggio abbiamo battagliato, ci siamo divertiti ed emozionati.

Abbiamo scalato per 30 giornate percorrendo 502km e 51300m di dislivello.

Siamo solo a metà… e mi sa che il bello deve ancora arrivare.

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